syrinx612 syrinx61articolo tratto da: SYRINX n° 61 – luglio/settembre 2004

Due parole con  Antonio de Angelis

Un grande successo all’ultima edizione di Flautissimo, quando sul palco del nuovo Auditorium di Roma si sono trovati sei flautisti (Persichilli, Guiot, Ghiani, Bonvino, Marta Rossi, Saladino) e il contrabbassista Gianlca Renzi per eseguire un suo brano dal sapore jazz. Ed è proprio una vena jazzistica che contraddistingue la musica del pianista abbruzzese, che ha raccontato brevemente a Syrinx il suo percorso musicale.

Tra classico e jazz: come è arrivato a questo binomio?
Sono diplomato in pianoforte e in jazz, rispettivamente presso il Con- servatorio di Firenze e dell’Aquila con il massimo dei voti. Da autodidatta mi sono interessato anche alla composizione tradizionale. Riconosco nella scuola una buona impostazione di base ma l’esperienza più significativa l’ho fatta praticando e soprattutto ascoltando (vedi trascrizioni…) tutti i generi musicali, cercando di apprendere il mestiere, anche sbagliando strada.
Ho suonato, scritto e arrangiato di tutto e oggi più che mai questo mi torna utile. Finalmente anche le istituzioni si stanno allineando ai nostri tempi, introducendo nei loro programmi materie che fino a qualche anno fa sembravano spettri e chimere (scuola di jazz e dipartimenti, popular music, musica applicata alle immagini, marketing, informatica, laboratori orchestrali di vario genere) insomma tutto dò che fa risvegliare l’interesse generale dell’utenza proiettata una volta per tutte verso questo periodo storico. La base classica per me rimane assolutamente di primaria importanza, deve essere però rinnovata dalla conoscenza e dalle competenze attuali, altrimenti si rischia di guardare troppo indietro.

Lei ha dedicato al flauto molti brani e da anni collabora con il fIautista Marco Felicioni… C’è una predilezione per questo strumento?
E’ stato il primo strumento che mi è passato fra le mani (il flauto dolce nella scuola media). L’avrei voluto studiare. Il destino, invece, ha voluto che suonassi il pianoforte. Stranamente, però, nel corso della mia vita, mi sono ri- trovato sempre a suonare con fiautisti, fino a quando è iniziata una collaborazione più seria con Marco Felicioni, attualmente pr mo flauto del teatro Marrucino di Chieti. E’ stato per me un punto di riferimento importante per la conoscenza più approfondita del flauto, delle sue caratteristiche tecniche ed espressive. La sua personalità, “impura”, così come la mia, fa di Marco un esecutore curioso e attento a tutte le manifestazioni della sfera musicale, dalla classica in primis al jazz, dalla etnica alla musica brasiliana passando per lo sperimentalismo più radicale della musica contemporanea e così via. Insieme abbiamo registrato Photos, un CD che mette a fuoco tutte le nostre passioni musicali. Dimenticavo il terzo partner, il bravo Federico Perpich al violoncello, plagiato per l’occasione a nostra immagine e somiglianza.

Tra classico e jazz: come è arrivato a questo binomio?
Sono diplomato in pianoforte e in jazz, rispettivamente presso il Con- servatorio di Firenze e dell’Aquila con il massimo dei voti. Da autodidatta mi sono interessato anche alla composizione tradizionale. Riconosco nella scuola una buona impostazione di base ma l’esperienza più significativa l’ho fatta praticando e soprattutto ascoltando (vedi trascrizioni…) tutti i generi musicali, cercando di apprendere il mestiere, anche sbagliando strada. Ho suonato, scritto e arrangiato di tutto e oggi più che mai questo mi torna utile. Finalmente anche le istituzioni si stanno allineando ai nostri tempi, introducendo nei loro programmi materie che fino a qualche anno fa sembravano spettri e chimere (scuola di jazz e dipartimenti, popular music, musica applicata alle immagini, marketing, informatica, laboratori orchestrali di vario genere) insomma tutto ciò che fa risvegliare l’interesse generale dell’utenza proiettata una volta per tutte verso questo periodo storico. La base classica per me rimane assolutamente di primaria importanza, deve essere però rinnovata dalla conoscenza e dalle competenze attuali, al- trimenti si rischia di guardare troppo indietro.

E sulle composizioni dedicate a questo strumento cosa ci dice?
Spesso capita di dover riadattare i miei lavori per un organico diverso da quello originale. La curiosità di Stefano Cioffi, che ringrazio per la fiducia e la collaborazione per me è uno stimolo sempre nuovo. Sono particolarmente legato a Sky’s flowers per flauto e pianoforte. Angelo Persichilli, Luisa Sello, Andrea Oliva, Raymond Guiot, Benoit Fromanger, Emmanuel Pahud e altri fiautisti meno noti ma altrettanto bravi lo inseriscono regolarmente nei loro concerti. Running, al contrario, non aveva un organico specifico, l’ho adoperavo tipo standard jazz, tema-improvvisazione-tema. Cioffi mi ha proposto una versione per quattro flauti, anche questa pubblicata. I due lavori sono documentati sui CD di Syrinx rispettivamente vol.9 e 11, registrati nell’ambito di Flautissimo 2001.

La prossima pubblicazione?
Atomosfere, per flauto, flauto alto e pianoforte eseguita e registrata per “Flautissimo” 2003. Ai flauti c’erano Persichilli e Guiot, al pianoforte Tonino Riolo. Una bella soddisfazione! Sto lavo- rando anche per i ragazzi. Dovrebbe uscire fra qualche mese, per il settore didattico, Bluesound dedicato ai piccoli musicisti, diciamo un secondo-terzo anno di strumento. Si tratta di otto brevi pezzi in stile blues per flauto, violino, pianoforte o chitarra con CD allegato. Credo sia un’alternativa divertente da considerare parallelamente agli studi
tradizionali.

Come si è trovato a Flautissimo, il mondo del flauto, insieme a grandi musicisti che hanno eseguito i suoi brani?
In parte ho già risposto prima, naturalmente benissimo! Sono rimasto colpito dall’organizzazione di Flautissimo, curata nei minimi particolari, e per l’estrema professionalità dei musicisti.
Personalmente ricordo con emozione l’esecuzione dal vivo di Sky’s flowers all’Acquario romano insieme a Raymond Guiot. Abbiamo provato il pezzo una sola volta la sera prima. Il giorno dopo è filato tutto liscio, come se ci conoscessimo da tempo. Ricordo con piacere le quattro valentissime vincitrici del concorso Gazzelloni, Marta Rossi, Barbara Martinetto, Alessandra Darlo e Francesca Procopio, alle prese con Running. Non era poi così facile. Brave anche a loro.

Come coniuga, nei suoi brani, la vena jazz con quella classica?
Non so. Credo che le due cose confluiscano naturalmente nel mio dna alimentandosi a vicenda. Di sicuro l’aver ascoltato e allo stesso tempo praticato molti generi musicali ha nutrito il mio inconscio. Da lì faccio risalire le mie emozioni, le mie intuizioni. Volutamente cerco di non essere prolifico, potrei farlo, ma cadrei nella routine. Quando non ho niente da dire preferisco mettermi a lavorare sugli arrangiamenti, non sulle composizioni originali. Affino la tecnica e l’organizzazione mentale di cui ho molto bisogno, essendo caratterialmente istintivo. Cerco di ascoltare i suoni nella mia testa, di catturare l’emozione improvvisando al pianoforte uno stralcio di tema, anche un semplice accordo. Vado avanti. ..ma devo essere interessato a farlo. Poi comincio a ragionarci sopra, ad organizzare e a speculare sulla mia idea, che rincorro fino alla fine. Mai lasciarsi crogiolare troppo dalla tecnica e dalle regole. Si rischia di non far passare il messaggio più profondo. Lo so è difficile; la cosa più importante per me, come per tutti, è raccontare un’emozione sperando che il mio pensiero arrivi sempre al cuore della gente.

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